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Al laghetto, e poi...


di bube
13.05.2024    |    1.062    |    2 9.6
""Scema che sei! Come potresti? Ci voleva un maschio, ci voleva che te lo mettesse dentro, e ci voleva che ti piacesse tanto da aiutarlo a goderti..."
Stavamo giocando vicino al laghetto, dove avevamo fatto il bagno; io mi ero tenute le mutandine, Silvia invece, senza problemi, si era spogliata e adesso stava sdraiata a prendere il sole tutta nuda. La guardavo con invidia, lei aveva solo un mese più di me ma aveva già due belle tette sode e perfino un po' di peluria rossiccia sul pube; io invece ero ancora una bambina, con mia rabbia, o almeno così mi pareva.
"Ma sei scema? - Mi rimprovera lei. - Hai un bel corpicino, un bel vitino sottile, due gambe che darei non so cosa per averle io; e se non hai ancora il pelo, goditela così la tua topina, che poi col pelo tocca lavarsi di più."
"Non me ne importa lavarmi di più, solo non vorrei più sembrare una bambina!" Esclamo rabbiosa. Silvia mi guarda con un sorrisino enigmatico, poggiata su un gomito, poi mi dice: "Sai, non è il pelo o le tette a fare una donna. Ci sono donne affascinanti piatte come una tavola; e in ogni caso, capirei se tu avessi quindici o sedici anni, ma alla tua età è più che normale, hai appena cominciato con lo sviluppo, ti sono appena arrivate le mestruazioni, abbi qualche mese di pazienza e vedrai. E comunque, io sono certa, certissima che tu sei già matura in un certo senso; te lo posso dimostrare, se ti fidi di me."

Non capisco cosa voglia dire, ma sì, certo che mi fido, le rispondo. Le allora si accosta, si abbassa col viso a sfiorare il mio: "per cominciare," mi fa, "tu hai mai baciato qualcuno? Sai come si fa?"
"Beh, cosa ci vuole? Non ho mai baciato nessuno come dici tu, ma credo di sì." Ma non so andare avanti; e lei mi propone di baciarci, perché lei sa già come si fa e mi può insegnare. Accetto con entusiasmo.
E ci baciamo. Mi dice: "fai attenzione e poi fai tutto quello che faccio io, ok?" Ok; lei posa le labbra sulle mie, mi carezza il collo lieve lieve, e mi fa sentire la lingua. Che strana sensazione, sento come un formicolio dal collo in giù. Poi si stacca, mi sorride: "allora, ti è piaciuto?"
"Ma sì, certo; è un po' strano, ma... Sì, mi piace; ma con un ragazzo com'è? é meglio? é diverso?" Lei scrolla le spalle. "Un bacio è un bacio: è il primo atto d'amore, e se lo fai con qualcuno cui vuoi bene, ragazzo o ragazza, è bello, bellissimo." "Ma dai, anche con una ragazza?"
"Ma certo: io sono una ragazza, no? Eppure ti piaceva, mica ti ha fatto schifo, mi pare." "Beh, certo, ma tu sei la mia amica più cara, è naturale che ci vogliamo bene." "Appunto, è quel che dico: se ci si vuol bene tutto è bello, carezze, baci, ogni cosa. Lo rifacciamo?"

Certo che lo rifacciamo; ci baciamo a lungo, e ogni bacio mi piace sempre più, ma poi succede una cosa che non mi aspettavo: sul più bello del bacio, sento una sua mano infilarmisi fra le gambe e carezzarmi proprio lì. Divento rossa, mi agito, mi stacco da lei: "Ma Silvia! Cosa... Cosa vuoi fare? Io... Tu..." Sto balbettando; lei mi chiude la bocca con un altro bacio, poi dalla bocca mi bacia nel collo, mi fa il solletico con la lingua sotto l'orecchio e mi sussurra: "voglio baciarti e carezzarti la topina piano piano, non aver paura, sentirai che bello! Fidati di me."
Ci baciamo di nuovo, ed ecco la sua mano, che però stavolta, più sfacciata, si infila dentro la mutandina e scivola fino lì, proprio dove talvolta io mi carezzo, a letto, prima di dormire; mi piace davvero tanto, ma sono convinta che sia un mio segreto; e invece, evidentemente anche lei lo fa, e mi lascio fare. Ma scopro una cosa nuova, impensabile: se me lo fa lei, anche se sono le stesse carezze che mi faccio io, allora il piacere è tutta un'altra cosa! Al punto che, senza rendermene conto, mi sto abbandonando, non ci baciamo più perché sto ansimando, tremo, mi inarco; ed ecco che succede questo miracolo, questo terremoto, questo non so cosa: un piacere che nasce da lì, si irradia dentro la pancia, risale lungo la schiena e si allarga come una vampata, non so come descriverlo, ma è un piacere intenso, mai provato.
Poi riprendo fiato; la guardo sbalordita, le domando sottovoce cos'è stato; "è stato l'orgasmo, non sai cos'è?"
Io credevo di saperlo, una cosa che serve a fare un figlio quando si fa l'amore col marito, come se senza quello non si potesse fare figli. Insomma, idee un po' confuse; ma Silvia mi spiega che semplicemente è una reazione speciale dell'organismo che la natura ha creato in modo da rendere piacevole far l'amore; qualcosa un po' come il piacere di mangiare quando si ha fame, o di bere quando si ha sete: insomma, la natura rende piacevoli tutte le azioni che servono a vivere e a procreare. "Ma allora - esclamo preoccupata - potrei essere incinta?" Silvia ride. "Scema che sei! Come potresti? Ci voleva un maschio, ci voleva che te lo mettesse dentro, e ci voleva che ti piacesse tanto da aiutarlo a goderti dentro: allora sì! Ma fra due femmine? Non esiste, ti pare?"
Già, le mie idee sono un po' approssimative, mi rendo conto; così mi faccio spiegare bene tutto da lei, e poi azzardo: "allora, se fra femmine è impossibile restare incinte; fra femmine si può fare tanto amore senza pericolo?"
"Ma certo cucciolina: fra femmine ci si può baciare e carezzare e godere finché si vuole, nessun problema."
"Allora... lo rifacciamo?" Domando timidamente, arrossendo.
Mi sorride; "certo che sì, ma a una condizione." "E quale?" "Che anche tu rifai a me quello che io faccio a te." Arrossisco, rido confusa, ma faccio cenno di sì, certo che sì, spero solo di esserne capace.

Abbiamo trovato il nostro nido segreto: nel fienile della cascina vecchia c'è una stanzetta, nascosta ormai dal fieno, dove una volta si tenevano gli attrezzi fuori uso. Poco per volta l'abbiamo sistemata, piazzando per sicurezza un chiavistello all'interno, poi un saccone che abbiamo riempito di fieno, ed è diventato il nostro rifugio. Fino allora ci eravamo promesse di non fare niente fra noi, nessuno doveva accorgersi del nostro amore, come già lo chiamavamo. E venne il giorno dell'inaugurazione. Ufficialmente eravamo andate in gita, attrezzate con zainetti, acqua e panini e frutta, tutta roba che comunque ci faceva comodo. E poi...

Ci abbracciammo da toglierci il fiato, ci baciammo fino a indolenzirci la bocca, e poi ci spogliammo a vicenda fino a trovarci nude una fra le braccia dell'altra. Attraverso il saccone il fieno ogni tanto pungeva un po', ma non ce ne importava nulla. Naturalmente fu Silvia ad aprire le danze: mi baciò, ci baciammo a lungo sospirando d'amore, e poi mi carezzò fra le gambe fino a farmi godere, proprio come l'altra volta. Appena ripreso fiato la baciai a lungo e mentre la baciavo le carezzavo la fica meglio che potevo; mi rendevo conto, dalle sue reazioni, cosa era meglio fare, prima di tutto bagnarmi le dita di saliva (mai a secco! Si era raccomandata lei) e finalmente riuscii a farla godere, sentendomi orgogliosa, adulta quasi, spregiudicata e un po' puttanella anche.
Dopo lei volle fumare una sigaretta, e io pretesi di fare un tiro, tossendo come una scema. Poi lei riprese a baciarmi, stuzzicandomi i capezzoli mentre lo faceva; e poi scese a succhiarmeli, il che mi mandò già in estasi, scoprendo un piacere nuovo e dolcissimo. Poi tornò a baciarmi nel collo e mi sussurrò: "adesso te la bacerò la tua topina dolce." E mentre lo diceva mi massaggiava lentamente il cappuccetto alla sommità, che conteneva il bocciolo d'amore, come lo chiamavamo fra noi. Io non volevo, temevo che le avrebbe fatto disgusto, come poteva mettere la bocca dove si faceva la pipì, dove si sentiva cattivo odore quando non ci si lavava bene?
Ma lei mi tranquillizzò. Ricominciò a leccarmi le tettine, poi scese giù lungo la pancia e finalmente, mentre il cuore mi batteva forte per l'emozione, sentii la sua bocca, le sue labbra, la sua lingua proprio sulla mia fichina! Mi pareva di sognare, una sensazione di languore e di piacere insieme, ogni leccata era un brivido, e poi tutto fu come in ottovolante: le sue dita che mi penetravano muovendosi ritmicamente, e la sua bocca, oddio la sua lingua, la sua lingua sulla mia fichina vogliosa! Se quel mio primo orgasmo vicino al laghetto mi era parso il massimo del piacere, questo mi fece quasi svenire: arrivava a onde, credevo di essere al massimo e riprendevo fiato; ma ecco un'altra ondata, e un'altra ancora, e alla fine lei che mi tappava la bocca perché gemevo tanto forte che mi avrebbero sentita nonostante il fieno.

Quando mi ripresi, piangevo e ridevo, la abbracciavo forte da stritolarla, cercavo di raccontarle, senza riuscirci, cosa avevo provato, e lei rideva e mi baciava e mi coccolava.
Non ebbe bisogno di ricordarmi i patti: appena ripreso fiato la baciai a lungo in bocca, come mi piaceva tanto, a bocca un po' aperta, lingua a lingua; poi i capezzoli, era un piacere sentirglieli venir duri in bocca, e intanto con una mano cercavo il suo nido d'amore, tutta bagnata che era, calda e bagnata; ma non vedevo l'ora di baciarla lì, così scivolai giù coi baci ed ecco: calda, palpitante, colava uno strano miele odoroso d'amore (non avrei saputo definire altrimenti quell'odore eccitante). La baciai, la leccai: la sua dolce fica continuava a stillare miele, un miele acre, strano ed eccitante al gusto; e mentre la leccavo lei sospirava, gemeva e mi guidava; più giù adesso, più giù... Ora sopra dov'eri prima, sì sìsìsì brava amore mio mi fai morire continua così... Le dita, infilamele dentro... Oh sì amore mio, di più... anche l'altro buchino, ti prego... Sì, nel culetto, dentro, dentro, brava cucciolina mia che bello, muovile su e giù, lo senti come mi piace?.... Oddio oddio oddio sto per... Sto per..."
Godette gridando, si inarcò, guizzò più volte gemendo mentre la sua fica si inondava quasi del suo piacere, e poi restammo a lungo abbracciate, in silenzio, strofinandoci ogni tanto una contro l'altra.
Stava calando la sera, avevamo promesso di tornare prima di buio, e nostro malgrado ci rivestimmo, sistemammo alla meglio il nostro nido segreto, e sgusciammo fuori dal fienile. Salutandoci ci baciammo teneramente, proprio come solo due care amichette, con la promessa di un prossimo incontro, da sognare per ora ciascuna per suo conto.
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